20 febbraio 2011
Hello, we are home-made doughnuts!
Mi sembra passato un secolo dall'ultima volta che sono riuscita a cucinare qualcosa di serio. Non che preparare il cous cous non lo sia, ma ultimamente per mancanza di tempo mi capita di rado di cimentarmi in qualche ricetta nuova. Per fortuna ho la possibilità di pranzare a casa e quindi riesco a mangiare decentemente anche a pranzo (grazie mamma!).
Oggi, che è Domenica, mi sono imposta, nonostante la miriade di libri ancora da studiare, di utilizzare il mio regalo di San Valentino. Ossia un doughnuts-maker come questo :)
Ho seguito la ricetta per l'impasto contenuta nella scatola, ma c'è qualcosa che mi convince poco... troppo poco zucchero. Non avendo una grande passione per le glasse non mi sono cimentata in sciroppi colorati, che sicuramente sono un pò il punto forte di queste ciambelline.
Per la ricetta e i dettagli culinari, però, vi rimando al mio Ricettario Illustrato :)
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Fortune biscuits
Fin da quando ero piccola ho desiderato, al termine della cena, spezzare un biscotto della fortuna e leggere il messaggio in esso contenuto.
Peccato che tale desiderio, fino ad oggi, sia stato puntualmente frustrato dalla realtà: non avevo la più pallida idea di dove trovare i Biscotti della Fortuna! Sapevo che venivano serviti a fine pasto nei ristoranti cinesi o comunque orientali, ma nonostante i miei viaggi e nonostante tutte le cene fuori, mai una volta che mi fossi imbattuta in queste mezzelune.
Oggi, Papà Esselunga, ha esaudito il mio desiderio, consentendomi di assaggiarli. Ovviamente, come spesso accade per le cose a lungo desiderate, si rivelano una cocente delusione: i biscotti fanno schifo, sono secchi e insipidi.
Ma naturalmente ciò che li rende(va) affascinanti ai miei occhi è il bigliettino plastificato al loro interno, che nasconde un messaggio, come se fosse una sorta di Bacio Perugina, a cui ciascuno attribuisce un significato.
Divertenti, certo, ma niente di più. Sono contenta, comunque di essere riuscita ancora una volta a togliermi una curiosità! :)
Vi lascio anche con la storia di questi biscottini, trovata sul sito Cordelia.it che riporta anche la ricetta, nel caso vogliate ovviare alla difficoltà di reperimento e vogliate servirli ai vostri ospiti.
Nei ristoranti cinesi in America i biscotti della fortuna vengono serviti a fine pasto, e il bigliettino contenuto dentro di essi viene interpretato alla luce della propria situazione personale.
Le origini dei biscottini della fortuna sono molto più antiche e affondano le radici nella aleuromanzia, ovvero la divinazione della farina. L’aleuromanzia nel Medioevo veniva praticata nascondendo nei sacchi di farina dei biglietti sui quali erano stati scritti i responsi, o addirittura giudicando un individuo colpevole o innocente a seconda del modo in cui mangiava una focaccia di farina o di grano. I biscottini della fortuna si richiamano poi anche alla sticomanzia, forma di divinazione in cui si legge a caso una riga di un libro e lo si interpreta rapportandolo alla situazione di chi interroga.
In Italia i biscottini della fortuna sono molto difficili da reperire. Una soluzione decisamente più poetica è quella di farli in casa. Per prima cosa bisogna scrivere alcune frasi o citazioni volutamente generiche su una ventina di bigliettini e poi ripiegarli. Per 18-20 biscotti della fortuna gli ingredienti sono: 3 albumi; 80 grammi di zucchero a velo; 1 cucchiaio di estratto di mandorle o di vaniglia; 45 grammi di burro; 90 grammi di farina. Sbattere con la frusta elettrica gli albumi fino a montarli leggermente e versare lo zucchero a velo setacciato, continuare con il burro fuso e l’estratto di mandorla e quindi iniziare ad aggiungere la farina fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Versare tanti cucchiai di impasto su un foglio di carta da forno, spalmandoli con il dorso del cucchiaio in modo da dargli una forma circolare. Passare in forno caldo a 180° per 8-9 minuti, in posizione bassa del forno per colorire maggiormente un lato del biscotto. Le cialde sono pronte quando i bordi sono dorati e il centro più chiaro. Poi, il più rapidamente possibile, prendere una cialda, mettere un bigliettino al centro, tenendo il lato che appoggiava sulla teglia rivolto all’ esterno, piegarla a metà fino a far toccare i bordi e ripiegare dall’ altro verso. Appoggiare ogni biscotto della fortuna dentro ad una tazzina o ad uno stampino da muffin, in modo da far conservare la forma ripiegata e panciuta. Servire su un piatto orientaleggiante o in una scatola decorata.
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13 febbraio 2011
Because details matter: my new Pip bag
Ed ecco la ragione del post precedente: la mia Pip bag :)
Sono una persona curiosa, attenta, mi piace leggere e scoprire luoghi, sapori, persone e artisti.
Credo di avere anche un buono spirito di osservazione, soprattutto per i dettagli e per le novità. Ecco perchè ieri, passeggiando nei dintorni del mio vecchio liceo e della mia scuola di psicoterapia (perchè la vita, in fondo, ha una sua splendida rigorosa ciclicità), mi sono imbattuta in un negozio che mi è piaciuto immediatamente: Milkroom.
Mi ha colpita il nome, ma anche il logo, e il fatto che sia ospitato all'interno del cortile di uno dei palazzi della vecchia Milano. Mi sono armata di coraggio e sono entrata, un pò intimidita devo ammettere, all'idea di entrare in casa di qualcuno. Ma l'ambiente era talmente cosy, talmente colorato e talmente bello che ho superato l'incertezza.
E poi ho notato immediatamente qualcosa che mi ha convinta che lì sarei tornata: Shinzi Katoh! Un'artista giapponese che adoro e che ho scoperto, appunto, tra i miei svolazzamenti di blog in blog.
La cosa che mi ha fatto sorridere è stata l'aver riconosciuto immediatamente il suo stile, senza leggere alcuna etichetta. L'idea di aver finalmente trovato un luogo FISICO che vendesse i suoi oggetti mi ha elettrizzata!
Curiosando mi sono imbattuta poi in una borsa, la mia nuova borsa, che trovo splendida. Soprattutto se abbinata ad un look sobrio (jeans blu scuro e giubbino di pelle grigia) che le fanno quasi da palcoscenico.
Ho scoperto che la borsa è creata da una ragazza di Amsterdam amante delle rose e degli uccellini, il cui soprannome da bambina era, appunto, PIP.
Vi lascio il link al suo sito, così se vi va, oggi, farete la conoscenza di tre luoghi e tre persone che mi sono piaciuti: Milkroom, Shinzi Katoh e Pip.
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What's (usually) in my bag
Alla fine ho ceduto anche io alla fatidica domanda: illustra cosa c'è nella tua borsa. E' un topic che ho visto spesso nei blog in giro per la rete, ma anche su Flickr.
Oggi, complice la mia nuova borsa e un nuovo negozietto che ho scovato di cui vi parlerò nel prossimo post, vi mostro cosa di solito porto con me.
Da sin verso dx e dall'alto verso il basso:
- Caramelline all'anice. Al momento le ho messe nella piccola scatolina di latta che ho comprato a Brema: sapevo che prima o poi mi sarebbe tornata utile! :D
- Porta penne: per non averle sparse nella borsa. Può essere utile appuntarsi qualcosa al volo.
- Fazzoletti: non possono mai mancare.
- Spazzola: altrettanto indispensabile.
- Chiavi di casa, in un portachiavi chiuso in modo che non graffino o non si impiglino.
- Portafoglio.
- Occhiali da sole: non li porto sempre con me, naturalmente, ma ieri c'era tanta luce e tanto sole e per me risultano quindi indispensabili.
- Specchietto: non perchè io sia vanitosa, ma perchè se dovesse capitarmi di togliere le lenti per un'emergenza ho bisogno di vedere ciò che sto facendo.
- Calamita di Uccio: non ha uno scopo pratico o estetico, ma mi piace portare con me dei piccoli oggetti che mi sono stati regalati. Winnicott lo definirebbe un "oggetto transizionale".
- La mia pen drive a forma di gallina: ho scoperto che è sempre utile portarne una con sè, soprattutto se così bella e divertente :)
- Amuchina! Non sono un'igienista nè tantomeno ho la fobia dei germi, ma come per lo specchietto: se dovesse capitare un'emergenza e dovessi togliermi le lenti senza avere a disposizione un bagno, o quel che è peggio del sapone, ho la necessità di detergere le mani. SO che l'Amuchina non sostituisce il sapone, ma è sicuramente meglio toccarsi un occhio con le mani sommariamente pulite dall'Amuchina piuttosto che niente ;)
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7 febbraio 2011
Blind photographer: because art is just a state of mind
In questo mondo sempre più "Big Brother style", in cui predomina la passività di pensiero e in cui, soprattutto, domina la vista, lo sguardo come strumento invasivo, intrusivo, perverso, mi sono imbattuta in un artista che mi smuove qualcosa, per motivi molto personali - lo ammetto - ma anche perchè sono profondamente ammirata da tutti gli atti di vero coraggio, di chi affronta la vita sempre con dignità e a testa alta.
Un fotografo non vedente. Riuscite a crederci?
Ebbene, Pete Eckert lo è.
E non ve lo segnalo per una ragione GrandeFratelliana, perchè possiate soddisfare una mera curiosità. Lo segnalo perchè trovo le sue fotografie molto belle, perchè secondo me lui è un artista vero.
Il video a lui dedicato su Vimeo secondo me è di una delicatezza estrema. Adoro la luminosità, il taglio scelto, il montaggio.
Un fotografo non vedente. Riuscite a crederci?
Ebbene, Pete Eckert lo è.
E non ve lo segnalo per una ragione GrandeFratelliana, perchè possiate soddisfare una mera curiosità. Lo segnalo perchè trovo le sue fotografie molto belle, perchè secondo me lui è un artista vero.
Il video a lui dedicato su Vimeo secondo me è di una delicatezza estrema. Adoro la luminosità, il taglio scelto, il montaggio.
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