Oggi, mentre mi destreggiavo nella fiumana di gente che accalcava Montenapoleone (ma vengono tutti giù con la piena?!) mi sono ritrovata a fissare una foglia caduta a terra.
E immediatamente ho ripensato a quei pomeriggi di tardo autunno, in cui mi suggerivano di raccogliere le foglie e farle seccare tra le pagine dei libri. Ricordo ancora quanto mi piacessero le foglie, i loro colori, le venature. Disegnavo foglie, ricalcavo foglie, incollavo foglie. Il periodo delle foglie, se fossi un'artista (uh, sta a vedere che lo sono sul serio), sarebbe il periodo dei miei 7-8 anni, quando avevo imparato a dire Fotosintesi Clorofilliana, una parola anzi due che tuttora mi sembrano difficili.
E al di là del nozionismo spinto, mi sono ritrovata a cercare di riacciuffare quella sensazione meravigliosa di gioia pura incondizionatamente infantile. Quella gioia totalizzante che si ottiene con poco, con le cose che realmente ci incendiano l'anima.
E così sono rimasta intrappolata nei ricordi di quei pomeriggi, in cui il tempo sembrava esaurirsi così: tra foglie raccolte, cioccolate rigorosamente senza panna (odiavo la panna), parole nuove, evidenziatori e le mani nodose di mia nonna.